(...) Tra questi frammenti di paesaggio, nessuna somiglianza di forma. Un solo punto in comune: tutti costituiscono un territorio di rifugio per la diversità.
(...) Questo rende giustificabile raccoglierli sotto un unico termine. Propongo Terzo Paesaggio, terzo termine di un'analisi che ha raggruppato i principali dati osservabili sotto l'ombra da un lato, la luce dall'altro".
Passaggio dall'incolto giovane (diversità media) all'incolto spinoso (picco di diversità) alla foresta (diversità marcata).
Indecisione, instabilità, nomadismo biologico, "pratiche consentite di non organizzazione", contiguità, evoluzione incostante, improduttività: nuovi valori positivi all'interno di una concezione biologica, non economica, del territorio. Questo testo, articolato in una premessa di definizioni e descrizioni quali ipotesi di partenza, ed una tesi-manifesto le cui frasi possono essere volte anche in forma interrogativa, pone in campo diverse questioni, alcune delle quali possono essere raccolte per antinomie.
Aperto/Chiuso. Con il Manifesto del Terzo Paesaggio Clément approfondisce i temi e le questioni messe in campo ne Il giardino planetario (1), nel quale proponeva la rappresentazione del pianeta come un giardino. Con questa espressione, Clément creava un accostamento tra dimensioni opposte, traslando il termine giardino dal senso originario di luogo chiuso (da garten, recinto), a quello di insieme. È il ribaltamento dell'idea dell'hortus conclusus: se in questo si esprime la natura ordinata dall'uomo in contrapposizione al vuoto esterno, alla natura fuori dalle mura, predominante, selvaggia ed ostile, ora è il vuoto (i vacuoles), il poco che è rimasto tra mura e mura, ad attirare le nostre cure, laddove è la diffusione delle mura, dei limiti, dei recinti, (la città globale, il mondo organizzato) a spaventare. Il giardino planetario è la risposta allo spostarsi della questione urbana, e sta alla globalizzazione (economica, urbana) come il parco urbano stava alla città del XIX secolo; si allarga lo sguardo; se ad ogni epoca spetta una certa concezione del verde, il giardino planetario è il giardino della città globale.
Evoluzione costante (per adattamento) e incostante (per adattamenti progressivi, trasformazione).
Stato liquido/Stato solido. L'insieme dei residui che formano il Terzo Paesaggio funge da elemento di connessione e vivificazione tra i vuoti della maglia delle attività antropiche. Si tratta di luoghi residuali, spazi, per dirla con Zygmunt Bauman (2), che tendono ad uno stato liquido, non conservano mai a lungo una forma, si modificano, debordano, e quanto più assumono i caratteri di un materiale liquido, tanto più resistono ad essere riciclati, cioè governati. Gli strumenti tradizionali di gestione del patrimonio (sorveglianza, tutela, individuazione dei limiti) non possono essere utilizzati senza annullarne le qualità proprie: ne emerge una visione decisamente antipatrimoniale, non istituzionale ("non bene patrimoniale, ma spazio del futuro"), che si contrappone a molte attuali considerazioni sul paesaggio come spazio dell'identità, patrimonio delle società locali, luogo di esercizio delle strategie della memoria.
Date le premesse, il Terzo Paesaggio non ha scala, o meglio le ha tutte, dal microscopio alla visione satellitare. Clément scrive della necessità di abituare lo sguardo al riconoscimento del Terzo Paesaggio; e, di conseguenza, a gestirlo. Poiché le forme di controllo spaziale istituzionali tendono a suddividere in comparti ed ambiti, e ad opporsi alla libera trasformazione, la rappresentazione, gestione e progetto del Terzo Paesaggio devono lasciare spazi all'indecisione, introducendo come variabile l'entropia, mantenendo coscienza dei legami generali con l'ecosistema, ragionando per spessori e non per confini, e considerando l'assenza di regolamentazione morale, sociale, politica non necessariamente in maniera negativa. Qualcosa che è già stato sperimentato, in piccolo, nel giardino in movimento, e qui esteso a scala planetaria.
Di Antonio di Campli
NOTE:
1. Gilles Clément, Le jardin planétaire. Reconcilier l'homme et la nature, Albin MIchel, Paris 1999.
2. Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 2003.
The Patch is characterized by exceptionally high concentrations of pelagic plastics, chemical sludge, and other debristhat have been trapped by the currents of the North Pacific Gyre. Despite its size and density, the patch is not visible from satellite photography since it primarily consists of suspended particulates in the upper water column. Since plastics break down to ever smaller polymers, concentrations of submerged particles are not visible from space, nor do they appear as a continuous debris field. Instead, the patch is defined as an area in which the mass of plastic debris in the upper water column is significantly higher than average.
(from Wikipedia)
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"Mirella Bandini trova ne Le paysan de Paris una "ricorrente similitudine del mare, del suo spazio mobile e labirintico, della vastità; del mare Parigi ha il senso del grembo materno e la liquidità nutritiva,l'agitazione incessante, la globalità". E' in questo liquido amniotico dove tutto cresce e si trasforma spontaneamente e fuori agli sguardi, che si volgono le interminabili passeggiate, gli incontri, le trouvailles (scoperte di oject trouvé), gli avvenimenti inattesi e i giochi collettivi. da queste prime deambulazioni nasceva l'idea di formalizzare la percezione dello spazio cittadino sotto forma di mappe influenzali che ritroveremo insieme alla visione di una città liquida nelle cartografie situazioniste. Si pensava di realizzare delle mappe basate sulle variazioni della percezione ottenute percorrendo l'ambiente urbano, comprendere le pulsioni che la città provoca negli affetti del pedone. Breton credeva nella possibilità di disegnare delle mappe in cui i posti che amiamo frequentare sono colorati in bianco, quelli che vogliamo evitare in nero, mentre il resto di colore grigio , avrebbe rappresentato le zone in cui si alternano sensazioni di attrazione e repulsione. Queste senszioni rispetto ad alcuni ambienti potevano essere percepite, per esempio, percorrendo una strada abituale in cui, "se prestiamo un minimo di attenzione, potremmo riconoscervi zone di benessere e di malessere che si alterano, e di cui potremmo arrivare a stabilire le rispettive lunghezze".
" Momento della vita, concretamente e deliberatamente costruito mediante l'organizzazione collettiva di un ambiente unitario e di un gioco di avvenimenti"
PSICOGEOGRAFIA
"Studio degli effetti precisi del mezzo geografico, coscientemente organizzato o no; che agiscono direttamente sul comportamento degli individui"
DERIVA
"Modo di comportamento sperimentale legato alle condizioni della società urbana: tecnica di passaggio frettoloso attraverso vari ambienti, Si dice anche, più particolarmente, per designare la durata di un esercizio continuo di questa esperienza"
URBANISMO UNITARIO
"Teoria dell'impiego di insieme delle arti e tecniche che concorrono alla costruzione integrale di un ambiente in legame dinamico con esperienze di comportamento"
Anonimo, Definizioni, in "internazionale situazionista", 1958
Elicotteri ed élite - una classe media in senso lato negli Stati Uniti - avrebbero potuto scegliere di approvare politiche statali tese ad eliminare la povertà, gestire la conflittualità interetnica e integrare tutti in istituzioni pubbliche comuni. Invece hanno scelto di comprarsi la protezione, di alimentare il boom dell'industria della sicurezza privata.
La Zukin rileva uno dei pericoli più tangibili di quella che chiama "cultura politica" nella "paura della politica quotidiana". Il raggelante e terrorizzante spettro delle "strade sicure" tiene la gente lontana dagli spazi pubblici e le impedisce di coltivare le doti e le qualità necessarie per partecipare alla vita pubblica .
Usare il "pugno di ferro " contro il fenomeno della criminalità costruendo più istituti penitenziari e comminando la pena di morte sono le fin troppo comuni risposte alla politica della paura. "Mettere sotto chiave la popolazione", ho sentito dire ad un uomo sull'autobus, portando così in un sol colpo la popolazione in un ridicolo estremo. Un'altra risposta è privatizzare e militarizzare lo spazio pubblico: rendere strade, parchi e finanche negozi più sicuri ma meno liberi.
La comunità definita da confini rigidamente controllati anziché dal proprio contenuto; la "difesa della comunità" tradotta nell'assoldare guardiani armati che controllano l'ingresso; predatori e cacciatori all'agguato promossi entrambi al rango di nuovi nemici pubblici numero uno; riduzione degli spazi pubblici a enclave "difendibili"con accesso selezionato; separazione anziché contrattazione della vita in comune; criminalizzazione di qualsiasi differenza: sono questi i principali elementi dell'attuale processo di evoluzione della vita urbana."
tratto da Modernità Liquida di Zygmunt Buman, Editori Laterza
buongiorn,
vi segnalo un'applicazione web attraverso la quale si possono realizzare facilmente dei siti personali con archiviazioni di immagini, testi, suoni:
http://www.indexhibit.org/
per vedere mostre senza andarci:
http://vernissage.tv/blog/
per leggere riviste a gratis o caricare le proprie:
http://issuu.com/positive-magazine/docs/number_3
(in questo caso, posi+tive)
per avere a disposizione un grande archivio storico di film sperimentali:
http://www.ubu.com/
per ricordarvi che esiste anche google libri:
http://books.google.com/books?id=rqSzVeCAuYwC&pg=PA279&lpg=PA279&dq=hackitecture&source=bl&ots=SBrbD3HdL8&sig=vjHXxI2O2fDHuCHlMVh2lMso49I&hl=it&ei=UQzzSojtFZOmmAODyISyAw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=3&ved=0CBEQ6AEwAg#v=onepage&q=hackitecture&f=false
tchuss,
giancarl.
In this series I try to recreate the European urban landscape by showing the CPUs of European boys that frequently use them to chat and meet new people.
The shape of the CPUs remind me of towers, totems, symbols similar to city landscapes. Towers like those of the ancient European fortress.
This series proposes a dialogue with the statement of What Im looking for. I try to compare these towers with those of the idyllic European landscapes that these boys want.
The series consists in 15 CPUs images. All together.
Alexander Apóstol, 2006.
more on www.alexanderapostol.com
http://www.artsblog.it/post/2853/google-is-not-the-map-gisntm-by-les-liens-invisibles
Frncsc
Nato a JangXi, Cina nel 1977.
Vive e lavora a Pechino, Cina
Le opere di ChuYun finiscono sempre per assumere una condizione di ineffabilità: la sua ricerca del "nascosto" deriva dal suo riconoscimento del reale, il quale a sua volta ha generato in lui il desiderio crescente di rinunciare all'uso di immagini visive forti per attrarre il pubblico, facendo riflettere sul modo in cui l'artista può diventare un mezzo per trascendere la materia visibile della vita quotidiana. In The Light of Rented Rooms (2002) Chu Yun ha usato la carta colorata per ridare vita ai quartieri dei giovani migranti. Per creare I607 (2003) ha scattato quasi seimila fotografie nel piccolo appartamento e le ha poi impilate per creare un'installazione fotografica simile ad una struttura in mattoni: gli osservatori sapevano che dietro la prima immagine ce n'erano molte altre che non si potevano vedere. In Who Stole Our Bodies? (2oo2) l'artista ha assemblato saponette recuperate dagli amici in modo da simbolizzare sia la scomparsa materiale sia il destino individuale. Per quanto riguarda Chu Yun, il significato della creazione risiede esattamente negli spazi vuoti situati tra le fotografie impilate o nelle differenze tra le singole saponette. Chu Yun concepisce l'artista come qualcuno che dà vita a microscopici mutamenti e, nel farlo, influenza a livello microscopico le traccie lasciare dalla vita. Il suo work in progress Constellation (2006-) di vari elettrodomestici installati in un ambiente buio. Le loro spie luminose lampeggianti sono astratte dalla loro funzione, diventando un piccolo universo configurato da l consumo giornaliero, che pur essendo caotico genera le proprie regole.
Tratto da Fare Mondi Mostra, la Biennale di Venezia, Ed. Marsilio
Trascrivo in seguito questo articolo scritto dalla stessa Chu Yun nella quale spiega il suo lavoro Love, un progetto creato per Siemens Art Program-What are they doing here, perchè credo che centri con la creazione di una "geografia liquida" attraverso l'affettività ella scrive infatti: “Love is a project that involves “two” and “one”, unit, “me” and “you” and create a new “one” under the real position."
Two machines: survive and love
The Company-Life machine running perfectly. Inside it, everybody or everything has an accurate and exclusive position that forms every part of the machine. It is fixed and indispensable. The goal of this machine is to generate production value, like the common truism “Find your right position to realize your value”.
The principle of the running of the machine is like a contract – fair, symmetrical and reciprocal. Everyone is endless. When we continue to function, we “separate ourselves” into two parts who negotiate with each other, then be “separated again” and finally be deconstructed into particular shattering pieces.
It is because of the belief towards the machine (rather than the company's system) that holds together everybody's Company-Life. When its system isn't working perfectly, our belief continues to function.
Frankly speaking, the Company-Life machine is everybody's surviving machine. It focuses on budget control, efficiency improvement, clear target, thrift rather than waste. But at the same time, the other machine that we own – Love, whether in target, principle or function is opposite this surviving machine. The love machine combines two into one. An endless movement that opposites the surviving machine's movement. It combines instead of deconstructs. Thus what the love machine produces is chaotic, redundancy, unreasonableness, dissatisfactory, privacy and amphibology, like romance is a form of waste.
We, at the same time, own the two machines. They are opposite to each other. The more the perfect the surviving machine runs, the weaker the love machine function; Or the more the prefect love machine runs, the weaker the surviving machine functions. What about introduces love machine (art is one of it) to the surviving machine? In terms of existing, love has always been the primitive revolutionary power. Perhaps we need guise and let artworks enter into such a space without any notice. It silently functions and people can even hardly discover its existence. But they do encounter them at certain moment, instead of a glance with easy trust or doubt.
“Love” is a project that involves “two” and “one”, unit, “me” and “you” and create a new “one” under the real position.
Chu Yun, 2005-9-7
Tratto dal sito dell'artista http://www.chuyun.net
"e quindi uscimmo a riveder le stelle"
di Les Liens Invisibles
Fin dalla notte dei tempi poeti, artisti e viaggiatori hanno affidato la guida del loro cammino alle stelle, eterne testimoni del percorso dell'intera umanità. Contro il senso di smarrimento in questi tempi di oscurantismo culrurale, tornate a far brillare le volte buie dell'infosfera!
RECLAIM YOUR TV STARS è un kit di sopravvicebza quotidiano ad opera del gruppo immaginario Les Liens Invisibles, un approccio autopoietico all'arte elettronica che vi guiderà passo passo alla riscoperta del lato nascosto del televisore di casa vostra.
Tutto quello che vi serve è:
*1 cartoncino pesante nero delle dimensioni del vostro schermo TV
*1 matita; forbici; nastro adesivo
Istruzioni
1.Misurate le dimensioni (altezza e larghezza)del vostro schermo TV.
2.Ritagliate un cartoncino nero che abbia le dimensioni dello schermo TV abbondando di circa un centimetro per ogni lato.
3.Con una matita tracciate poi sul cartoncino delle piccole croci in quantita e disposizione a vostro piacimento.
4.Poggiando il foglio di cartoncino su un panno morbido, in corrispondenza di ogni crocietta praticate un foro con la punta della matita. Tenete presente che per ottenere un buon risultato il diametro del foro dovrà essere proporzionale alla dimensione dello schermo del vostro televisore.
5.Applicate il cartoncino sullo schermo del televisore, facendo attenzione che sia ben fissato ai bordi con il nastro adesivo.
6.Abbassate l'illuminazione della stanza, accendete il televisore su un canale qualsiasi avendo cura di portare il volume degli altoparlanti al minimo. Regolate quindi a vostro piacimento l'intensità luminosa attraverso i parametri di controllo del vostro telecomando: luminosità, saturazione colore e contrasto.
7.Infine mettetevi comodi, rilassatevi e contemplate il vostro nuovo orizzonte fibrillante di luce stellare.
Un nuovo cammino vi attende sulla via delle stelle. Illuminati da una nuova luce tornerete ad esplorare gli infiniti spazi oltre il rumore bianco dell'universo mass-mediatico.
info: RECLAIM YOUR TV STARS http://yourtv stars.lesliensvisibles.org
Tratto da WOK City Map, GAM Gallarate, Edizione Speciale 2008
Les Liens invisibles is an imaginary art-group from Italy. It is comprised of media artists Clemente Pestelli and Gionatan Quintini. Their artworks are based on the invisible links between the infosphere, neural synapsis, and real life.
Questo e altro su http://www.lesliensinvisibles.org/
Ci sono tante voci che girano sul patrocinio di Facebook, c'è chi dice la CIA, chi dice le grandi industrie.. c'è chi parla di "controllo", di "strumentazione delle amicizie", dei propri hobbies.. Ho finalmente trovato un articolo che reputo abbastanza interessante, esplicativo e valiabile (che non sia insomma uno di quei soliti video anonimi e "drastici" trovabili su youtube)
ecco il link:
http://aleksfalcone.org/site/societa/criminalita-organizzata/chi-ce-dietro-facebook-estremismo-politico-cia-e-capitalismo-mafioso/
Frncsc
Qui, di fronte al televisore e dunque assai prima di ciò che accadrà di fronte al monitor del computer, ha avuto inizio una nuova e clamorosa trasformazione antropologica, una nuova antropomorfizzazione del vivente. Come il corpo umano fu alle origini il risultato di una manipolazione della carne - dell'animale e dell'animato - dilatata in un tempo immemoriale e inconsapevole, così il corpo del soggetto moderno manipola la propria natura. Transitando dalle dimensioni identitarie agite nella cornice della città (qui si dispana la storia della società civile, della politica e insieme dell'arte del Rinascimento agli anni Trenta del Novecento) a quelle agite sempre di più nell'intrattenimento mediatico, si infrangono i confini tra il tempo di lavoro e il tempo libero, tra il tempo interiore e il tempo sociale. A sua volta il tempo biologico dell'essere umano lascia spazio ad una vita vissuta che non ha età: l'infanzia occupa gli immaginari adulti e senili; la storia si dissolve nell'infanzia.
Dunque è già con la TV che il mondo tende a presentificarsi: gli schermi fanno da soglia tra il locale e il globale, tra il sé e il mondo. Attraverso gli schermi, l'immaginario capitalizzato e prodotto dall'industria culturale consente un abitare in cui le persone vivono e comunicano mediante simulacri collettivi. Ogni mitologia, arte, esperienza e funzione del viaggiare è stata assorbita e polverizzata dalle televisizzazione della società. Ora - è importante ripeterlo - la società delle reti esaspera ciò che era già implicito nelle democrazie di massa governate dalla televisione generalista: il conflitto tra persona e collettività, tra processi di ordinamento identitario e moltitudini, ruoli e desideri.
I new media sono nella tipica fase in cui i decisori, i testimoni i testimoni e i controllori - anche gli artisti sono infissi in queste figure del potere - negoziano il significato da dare all'innovazione tecnologica, e cioè decidono, testimoniano e controllano il contenuto da dare alla transitività dei dispositivi mediali. l'ondata dei new media sta crescendo e tuttavia la grande onda dei mass media ancora non si è spenta: trascina con sé - e travolgendo innalza o fa partecipare - tutti i detriti delle forme di sovranità ancora infisse nel viaggio dei viaggi: il dio che si mostra all'umano e l'umano che si mostra a dio.
E' dunque assai rilevante scegliere tra il tempo e lo spazio. Rilevante in ogni campo: nell'agire politico e professionale. Nell'agire le forme d'arte molteplici di cui le società storiche e quelle emergenti dispongono in varia misura e in vari modi (quell'arco di apparati, istituzioni dispositivi e luoghi dell'arte che a volte connette e a volte sconnette esperienze ormai tra loro persino incompatibili, come quelle dovute alle retoriche sulle funzioni museali o sulla creatività urbana o sulla pubblic art). Così come è rilevante nell'agire delle imprese e dei mercati: là dove le retoriche sul passaggio dalle culture della produzione (un paradigma in cui la modernità della fabbrica ha allineato, seppure dialetticamente, sia la produzione delle automobili che quella delle opere d'arte) alle culture del consumo, al consumatore-produttore stanno trasformandosi in elogio - tutto ruota sull'annuncio di web 2.0 - dei processi innovativi che vengono dal basso (o al basso sono affidati). E sono forme specifiche del viaggiare anche i dispositivi concettuali che sono passati dal modello della socializzazione politica dello stato - fondata su processi verticali dell'istruzione e della divulgazione che procedono dall'alto verso il basso - al modello estetizzante della socializzazione pratica attraverso le merci e il mercato, tendente invece a instaurare delle dinamiche dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto ( si pensi alle mode dell'abbigliamento) e infine il modello tecnologico inaugurato dalle avanguardie storiche (dal Futurismo al Surrealismo) e in cui l'esperienza del consumo destruttura le forme chiuse (stato, identità, arte) e finisce per promuovere dinamiche laterali - centrifughe - rispetto alla rigidità della dialettica tra alto e basso (quella dialettica che aveva trovato il suo apice divulgativo più eroico nel trasferimento delle metafore ebraiche e cristiane applicate all'alpinismo e al turismo sportivo).
Decisivo a mio avviso il salto da una sensibilità vincolata alla memoria del passato a una sensibilità liberata al presente, poiché è qui che si raccolgono le discriminanti oggi più forti tra spirito della conservazione e spirito dell'innovazione, tra sopravvivenza come museificazione e sopravvivenza come mutamento. Come differenza. Qui si gioca la possibilità di trovare contenuti adeguati ai mezzi di cui dispongono le nuove tecnologie. Qui si conquista la capacità di negoziare il senso, invece di asservirle ai vecchi modi di vedere il mondo. Se, come io credo, la comunicazione è innanzi tutto relazione, la dimensione che più si avvicina a questo sentire è quella differenza dell'abitare, dunque non si tratta di ricorrere ancora alle dialettiche che giocano tra il dentro le mura e il fuori le mura, o tra la montagna e la valle."
Tratto da NON VIAGGIARE PIÙ ALTROVE di Alberto Abruzzese, Wok City Map, GAM Gallarate, edizione speciale 2008
Autotrasportatore, artista del volante
Tratto da Wok City Map, GAM Gallarate, edizione speciale 2008
Dal camion vedo un sacco di inconsapevolezza. Le persone che incontri sulla strada le incroci per un attimo ma è un frammento di tempo che rimane per sempre. E' difficile pensare, incontrendo un pirata, che l'indomani sarà un brav'uomo. Succede anche perchè sulla strada un attimo ha un peso diverso che nella vita normale, un attimo può essere vitale, un comportamento inapropriato sulla strada diventa un problema evidente, se si sbaglia i risultati sono tutti e subito. Questo lavoro mi ha reso feroce e deciso ma anche preciso, attento agli altri fino allo sfinimento. Non credo che tutte le persone che incontro sulla strada siano una sola persona o tutti uguali, anzi. Il consorzio umano mi regala ancora oggi, kilometro per kilometro, sorprese che non mi erano capitate di vedere, nel bene o nel male, nel dolce o nel grottesco. Non credo che il modo di guidare corrisponda al modo di essere, ma forse dichiara qualche nevrosi. Io porto il camion volando disinvolto. Ma non sono tutti come me. Io riesco a fare fino a otto cose assieme, al volante. oltre a guidare, s'intende.
E' mia abitudine registrare l'audio di film, specialmente musical o comici, e riascoltarli alla guida. Preferisco richiamarli alla memoria piuttosto che tenere, come molti, una televisione accesa mentre sto guidando. Mentere guardo la strada rivedo anche il film ma in una zona trasparente della mia vista. Invece che subito dallo schermo lo manifesto davanti a me, lo ripasso con l'appoggio dell'audio; molti li conosco a memoria e quindi il sonoro è solo un accompagnamento, ma lo faccio perchè la memoria rub e contrae, ed un film solo ricordato dura molto meno che uno... in cassetta; il parabrezza è comunque un vetro attraverso il quale, durante la guida, si osserva e si proietta. Il mio lavoro prevede l'arrivo per contratto e molta dell'attenzione di tutti quelli che lavorano attorno al mio lavoro è puntata su quello. Io invece vivo il viaggio per intero, vivo il passaggio dei paesaggi, di giorno, di notte.
La notte è in assoluto il mio regno. Benché si viva tutto al contrario è bellissimo viaggiare di notte perchè, paradossalmente, incontro un popolo più responsabile, vigile e raccolto. Ma non garantisco per tutta la mia categoria, i camionisti, che comprende molti tipi di umani... e di non umani. Il mio standart sono anche trenta ore di guida. Non proprio consecutive, ma poco ci manca. Anche se la notte viaggio al mattino di certo non posso riposare perchè mi aspetta lo scarico di ciò che trasporto che tutto sulle mie spalle, almeno così è di prassi in Italia. All'estero sono più le volte che mi chiedono se voglio rifocillarmi o farmi una doccia, che quelle in cui devo correre per scaricare.
Il viaggio è sempre bellissimo, quasi ogni volta, davvero, anche se è già stato fatto, anche se per contratto devi arrivare. Anche se devi convivere con dei sistemi ordinato o con degli strumenti di controllo come il GPS. Consapevole che questa tecnologia è nata soprattutto per monitorare i furti dei veicoli, la trovo oggi usata spesso a sproposito e un po' troppo impicciona. Segnando distanze, tempo all'arrivo, tempo del percorso, tutto in tempo reale, aggiornatissimo, ma magari ignorado di segnalare ad un autotreno un ponte basso o un meraviglioso borgo medievale storicissimo in Francia... [ride]. Preferisco farne a meno, o perchè la so o perchè voglio scoprirla. Viaggiare è questo, io trasporto delle merci non me stesso. Adoro viaggiare. Devo avere il movimento attorno. E quando sono a casa, quando sono fermo? ...qualche volta... me la godo.
(immagini di Francesco Mattuzzi, tratte da www.francescomattuzzi.com)
Perchè queto post?
Da poco io e il mio ragazzo abbiamo un furgone e da quando ci muoviamo con questo nuovo mezzo è cambiato il nostro modo di approciarci alla guida e di vivere la strada.
Non è facile muoversi nel traffico con una "macchina" così ingombrante, è come avere un corpo grosso (per non dire grasso), sei tagliato fuori dall'agilità e dalla prepotenza dei corpi snelli, sfreccianti e nevrotici delle autovetture.
Dall'alto del nostro "carro", lento e pesante, il tempo lo spazio e il rapporto con la strada e i sui abitanti lo viviamo diversamente, giorno per giorno instauriamo quella tacita fratellanza con i nostri simili: i camionisti, i viaggiatori, tacita fratellanza che puoi capire solamente quando sei costretto nei loro panni. Tra noi ci accompagnamo nel viaggio, ci apriamo la strada l'un l'altro e ci cediamo il passo vincendo finalmente la prepotenza dell'agilità con la prepotenza del "più grosso".
Questo post è un omaggio a quella tacita solidarietà a cui voglio dar voce, alla simpatia che provo verso questa strana e poco conosciuta specie di viaggiatori, oltre che ad essere metafora della vita.
C'è poi un fatto magico che mi fa sorridere: la storia del GPS.
Anche a me è capitato, in una notte di viaggio nell'estate 2008, di giungere in quello "storicissimo borgo medievale in Francia" un luogo fantasma per il GPS, un luogo che, se non avessi avuto conferma della sua esistenza, avrei potuto convincermi che non fosse stato altro che distorsione della mia fantasia, del mio ricordo; un luogo così magico e labirintico che è stato impossibile per la mia macchina fotografica catturare la sua immagine.
viva Marco Anzini
Frncsc
"Il fare mondi, così come noi lo conosciamo, inizia sempre dai mondi già esistenti; il fare è un rifare", afferma Nelson Goodman in Ways of Worldmaking [...]. Il progetto grafico elaborato per quest'esposizione [la 53. Biennale di Venezia] dimostra come i simboli più famosi, le bandiere nazionali del mondo, possano essere frammentate in forme visive essenziali che evidenziano insospettate qualità pittoriche. Emerge, allora, un nuovo linguaggio visivo che ammette ripetizione e differenza e produce una variazione infinita. Un mondo tende a essere abitato da più di un individuo, così "il fare" ruota, in questo caso, intorno all'idea di costruire qualcosa in comune, qualcosa che sia possibile condividere. Forse emergono nuovi mondi là dove i mondi si incontrano.
Daniel Birnbaum direttore della 53. Biennale di Venezia